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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-05 ad oggi 2010-06-23 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

2010-06-06 la lettera - "Per vedere riaffermata la realtà dei fatti non mi è rimasto che ricorrere alla giustizia" "Dalla laurea agli appartamenti In queste carte la mia verità"

Di Pietro: mai fatto uso privato dei soldi del partito

Le carte e la laurea dell'ex pm Archiviazione-Busto-Arsizio.pdf Atto-di-citazione.pdf

Documenti-allegati-atto-di-citazione.pdf Atto-di-citazione-Berlusconi.pdf atto-di-citazione-di-domenico.pdf

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Documenti-Pm-Fusco.pdf Memoria-esplicativa-PM-Fusco.pdf Laurea-Di-Pietro.pdf

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2010-06-05 IL CASO I silenzi e le ambiguità dell’onorevole Di Pietro

Dalla laurea agli immobili: le voci (a volte senza risposta) sul leader Idv

Non è vero che la stampa sia sempre cattiva con lui. Lo scorso 17 maggio Antonio Di Pietro era uscito dalla procura di Firenze dirigendosi con piglio sicuro verso piazza della Repubblica, dove troneggiava e fumava un finto reattore nucleare di cartapesta, propedeutico alla raccolta di firme dell’Italia dei valori per un referendum sul tema. Tra applausi, cori e foto ricordo con i suoi sostenitori, l’ex pubblico ministero si era definito un "teste d’accusa".

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-05 ad oggi 2010-06-22

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2010-06-22

 

 

 

 

 

 

 

 

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2010-06-22

un atto dovuto dopo la denuncia dell'ex membro idv elio veltri

Illeciti nei rimborsi elettorali,

Di Pietro indagato per truffa

Il fascicolo riguarda le somme incassate per le europee del 2004. L'ex pm: tutto in regola, ecco le carte

un atto dovuto dopo la denuncia dell'ex membro idv elio veltri

Illeciti nei rimborsi elettorali,

Di Pietro indagato per truffa

Il fascicolo riguarda le somme incassate per le europee del 2004. L'ex pm: tutto in regola, ecco le carte

Antonio Di Pietro (Omega)

Antonio Di Pietro (Omega)

MILANO - Il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, è indagato a Roma per truffa in relazione a presunti illeciti legati ai rimborsi elettorali assegnati al movimento politico da lui fondato. Gli illeciti riguarderebbe i rimborsi relativi alle elezioni europee del 2004.

"È SEMPRE LA SOLITA STORIA" - L'iscrizione nel registro degli indagati, compiuta dal pm Attilio Pisani e dal procuratore aggiunto Alberto Caperna, costituisce un atto dovuto alla luce di una denuncia presentata recentemente contro l'ex pm di "Mani pulite" da Elio Veltri, ex membro dell'Idv. Secondo il denunciante i rimborsi elettorali sarebbero stati incassati non dal movimento politico Italia dei Valori, ma dall'associazione privata "Italia dei Valori", costituita dallo stesso Di Pietro insieme con altre persone. Il tutto, per Veltri, attraverso una serie di false autocertificazioni. Gli accertamenti sono affidati al pm Attilio Pisani. "È sempre la solita storia trita e ritrita su cui già, più volte, si sono espresse le varie procure della Repubblica, archiviando il caso. Per cui la Procura della Repubblica di Roma non poteva non procedere, anche questa volta, a seguito del solito esposto" ha spiegato in una nota il leader IdV. "Porteremo ancora una volta le carte - ha aggiunto - per dimostrare che è tutto in regola, come peraltro hanno accertato ormai da tempo non solo plurime autorità giudiziarie, ma anche, da ultimo, l'Agenzia delle Entrate e gli organi di controllo amministrativi e contabili. Ci vuole pazienza, ci sono persone che non si rassegnano alla propria sconfitta politica e continuano ad infangare gli altri". Di Pietro, che ha dato mandato ai propri legali di presentare una denuncia-querela nei confronti di Veltri per calunnia, diffamazione e "per tutti quegli altri reati che l'autorità giudiziaria vorrà ravvisare", ha provveduto a pubblicare sul proprio blog www.antoniodipietro tutta la ricostruzione della vicenda allegando i circa cento documenti che provano la realtà dei fatti. "Quando un politico viene chiamato a dare spiegazioni, le deve dare immediatamente, anche all'opinione pubblica" ha detto l'ex pm.

ARCHIVIAZIONE NEL 2008 - Non è, in effetti, la prima volta che la magistratura romana viene investita della questione relativa ai rimborsi elettorali destinati all'Idv. Nel marzo del 2008 fu archiviata un'analoga inchiesta che prese spunto dall'esposto presentato da Mario Di Domenico, ex esponente dell'Idv. Al di là dell'apertura del procedimento, a Piazzale Clodio si ricorda ora che da un lato fascicoli scaturiti da denunce analoghe in passato sono finiti in archivio e dall'altro che lo stesso Di Pietro, qualche mese fa, ha firmato davanti a un notaio un atto per sancire che associazione e movimento politico Italia dei Valori sono la stessa cosa. Sulla vicenda, i magistrati hanno delegato una serie di accertamenti alla Guardia di Finanza.

Redazione online

21 giugno 2010(ultima modifica: 22 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-06-06

la lettera - "Per vedere riaffermata la realtà dei fatti non mi è rimasto che ricorrere alla giustizia"

"Dalla laurea agli appartamenti In queste carte la mia verità"

Di Pietro: mai fatto uso privato dei soldi del partito

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NOTIZIE CORRELATE

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I silenzi e le ambiguità dell’onorevole Di Pietro di Marco Imarisio (5 giugno 2010)

la lettera - "Per vedere riaffermata la realtà dei fatti non mi è rimasto che ricorrere alla giustizia"

"Dalla laurea agli appartamenti In queste carte la mia verità"

Di Pietro: mai fatto uso privato dei soldi del partito

Caro Direttore, il Corriere della Sera di ieri, con un articolo in prima pagina a firma Marco Imarisio, ha adombrato il sospetto di miei "silenzi ed ambiguità" riguardo la mia storia personale. Vorrei rispondere ai rilievi mossi, documentando punto per punto. Mi scuso, innanzitutto e preliminarmente, per la pignoleria e per la montagna di carte processuali a cui faccio riferimento e che le invio.

Ma — mi creda — ad un persona come me — invisa a molti e con pochi strumenti di informazione a disposizione — non rimaneva e non rimane altra scelta che ricorrere alla Giustizia per vedere riaffermata, nero su bianco, la verità rispetto alle mille menzogne che sono state scritte sul mio conto in tutti questi anni. E veniamo al merito dell’articolo:

1. Non sono stato affatto convocato dai magistrati di Firenze con "tanto di apposito decreto di notifica".

2. Non è affatto vero che io mi sia laureato in modo anomalo. Mi sono iscritto all’Università di Milano nell’anno 1974 e mi sono laureato nel 1978, rispettando appieno il piano di studio all’epoca previsto da quell’Università per la laurea in legge. Sono certo che anche Lei e il dottor Imarisio avete rispettato il piano di studio e vi siete laureati senza andare fuori corso. E’ semmai anomalo il comportamento di quegli studenti che sforano il piano di studio e vanno "fuori corso", non di chi lo rispetta e si laurea nei tempi previsti. Lo stesso giornalista, peraltro, riferisce che "l’istituto di presidenza della facoltà confermò a suo tempo che tutto era in regola". Il mio certificato di laurea e il mio libretto degli esami sono già stati pubblicati una miriade di volte e, comunque, invio anche a lei un’ulteriore copia. Le invio anche copia della causa per danni da me notificata al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per aver sostenuto nella trasmissione "Porta a Porta" del 10 aprile 2008 che la mia laurea fosse falsa. Causa, ad oggi, ferma alla Camera dei Deputati, a seguito della sua richiesta di insindacabilità ex art. 68 Cost.

3. Le accuse del Gico di Firenze circa miei presunti favori ricevuti da Pacini Battaglia, da Antonio D’Adamo e da Giancarlo Gorrini sono state tutte smontate dai giudici di Brescia che, dopo due accurate e meticolose inchieste, hanno sentenziato che "i fatti non sussistono ". Al riguardo, Le invio copia della sentenza numero 3940/96 del 18 febbraio 1999 (riguardante la vicenda D’Adamo-Pacini) e della sentenza n.ro 189/96 del 29 marzo 1996 (riguardante la vicenda Gorrini);

4. Non è vero che io abbia mai avuto a che fare con i Servizi segreti, né italiani, né stranieri. Sul punto si sono espressi, già diverse volte, i magistrati (ai quali mi sono rivolto per tutelare la mia onorabilità) che hanno riconosciuto che io non ho mai avuto alcun rapporto con strutture di tal tipo. Allego al riguardo, e in via esemplificativa, la sentenza del 17 marzo 1997 del Tribunale di Milano con cui è stato condannato in primo grado l’allora senatore Erminio Boso per aver sostenuto una panzana del genere. Allego anche la richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica di Torino n.ro 5981/98 del 26 ottobre 1999 che ha rinviato a giudizio Bettino Craxi sempre per aver falsamente sostenuto che io fossi un agente dei Servizi segreti (il processo poi non si è svolto perché Craxi nel frattempo è deceduto). Se si ha l’onestà intellettuale di valutare le cose in buona fede, (come sono certo farà Il Corriere della Sera) tali sospetti non possono essere alimentati strumentalizzando la mia relazione all’Autorità giudiziaria circa la presenza del latitante Francesco Pazienza alle Seychelles, né la mia partecipazione alla cena natalizia del 1992, svoltasi presso il Reparto dei Carabinieri di Roma, su invito del Comandante col. Vitaliano, cena a cui partecipò anche il questore Bruno Contrada, allora dirigente del Sisde. Comunque, e proprio al fine di non essere accusato di reticenza, le allego l’atto di citazione (con annessi 18 documenti allegati) che ho proposto nei confronti di Mario Di Domenico per le false dichiarazioni dallo stesso rilasciate circa l’asserito mio coinvolgimento nella vicenda Contrada e di cui proprio "Il Corriere della Sera", tempo addietro, ha dato notizia con grande risalto (atto di citazione che, come potrà constatare, non ha riguardato né "Il Corriere della Sera", né il giornalista Cavallaro, proprio perché ho ritenuto e ritengo legittimo e doveroso il vostro mestiere). Allego anche l’atto di citazione che ho proposto nei confronti di Francesco Pazienza ed altri, in relazione alle elucubrazioni montate in ordine alla mia segnalazione all’Autorità giudiziaria sulla sua permanenza da latitante nello stesso posto in cui io e la mia futura moglie ci trovavamo in vacanza. Anche in questo caso, sarebbe stato anomalo il mio silenzio su quanto avevo visto e sentito circa il rifugio di Pazienza e non la pronta relazione al mio Capo Ufficio, una volta rientrato in Italia. Peraltro faccio presente che la legge impone a tutti i pubblici ufficiali di segnalare all’Autorità giudiziaria fatti e circostanze penalmente rilevanti ed io ero all’epoca magistrato!

5. Non è vero che io abbia fatto un uso privato dei soldi del partito. Su questa questione, sono già intervenuti ben tre provvedimenti del giudice penale che ha archiviato tutte e tre le volte altrettanti esposti del denunciante Di Domenico per assoluta infondatezza dell’accusa. Allego al riguardo il decreto di archiviazione n.ro 4620/07 - GIP Imperiali di Roma del 14 marzo 2008, il decreto di archiviazione n.ro 15233/09 - GIP Silvestri di Roma del 26 maggio 2009 ed il decreto di archiviazione n.ro 860/09 - GIP Marzagalli di Busto Arsizio del 12 ottobre 2009.

6. Non è vero che io abbia mai fatto—con riferimento alle proprietà immobiliari di mia proprietà— una commistione tra patrimonio mio personale e patrimonio del partito Italia dei Valori. Allego, al riguardo, la sentenza del Tribunale di Monza n.ro 760/10 del 2 marzo 2010 che condanna il quotidiano Il Giornale, il direttore dell’epoca Mario Giordano e il giornalista Chiocci a risarcirmi, con 60.000 euro, il danno per le falsità e le diffamazioni pubblicate il giorno 4 agosto 2008 con un dossier intitolato: "Di Pietro ha investito 4 milioni di euro in case, ecco il suo patrimonio".

7. Non è vero che io abbia fatto un "uso non associativo" dei soldi del partito, come pure da taluni sostenuto. Allego, al riguardo, la memoria esplicativa (con annessi 65 documenti allegati) che ho consegnato alla Procura della Repubblica di Milano (PM dottor Fusco). Dalla disamina dei documenti in questione si evince in modo evidente — sempre se si ragiona in buona fede — che i soldi del partito sono sempre finiti nelle casse del partito.

8. Non è vero che io abbia acquistato case tramite "prestanome", nel senso dispregiativo del termine, o che abbia acquistato "immobili proibiti per legge ai parlamentari in carica", come pure si afferma nell’articolo (credo in buona fede a seguito di una martellante campagna denigratoria, svolta da altre testate giornalistiche). Allego, al riguardo, l’atto di citazione promosso nei confronti del quotidiano "Il Giornale" che, per primo, ha sostenuto tale falsità, con annessi 18 documenti allegati, dai quali si evince in maniera incontrovertibile che non è affatto vero che io abbia acquistato un immobile "proibito per legge", né che io abbia intestato ad altri l’immobile acquistato.

Spero, caro Direttore, che la documentazione inviata e le spiegazioni fornite possano essere sufficienti per rivedere "i dubbi e le ambiguità" che "Il Corriere della Sera" ha nei miei confronti. Nel caso dovessero permanere ulteriori perplessità, non si faccia scrupolo, me li chieda o me li faccia chiedere.

Antonio Di Pietro

(Leader di Italia dei valori)

06 giugno 2010

 

CASO DI PIETRO

Le carte e la laurea dell'ex pm

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05 giugno 2010(ultima modifica: 06 giugno 2010)

 

 

 

Caso Di Pietro, la risposta del giornalista

Caso Di Pietro, la risposta del giornalista

Ringraziamo l’onorevole Di Pietro, per la risposta sollecita e cortese e per la copiosa documentazione giudiziaria allegata a sostegno delle sue tesi. Tuttavia, la biografia di un uomo politico come lui non si basa solo sulla verità giudiziaria. E’ proprio questo lo spirito e l’intenzione dell’articolo al quale si riferisce l’onorevole: ci sono comportamenti sui quali sarebbe meglio spiegarsi in modo definitivo. Con parole chiare, non con stralci di sentenze.

A tal proposito: l’onorevole è stato convocato dai magistrati di Firenze, quindi non si era "presentato spontaneamente". Non abbiamo mai detto che si sia laureato in modo "anomalo", ma che i suoi silenzi su alcuni aspetti di questa vicenda hanno lasciato spazio a "illazioni e falsità". Sull’inchiesta di Brescia abbiamo scritto chiaramente del non luogo a procedere deciso dai giudici. A lasciare perplessi furono alcune sue frequentazioni e comportamenti, mai del tutto spiegati. Non abbiamo scritto che l’onorevole Di Pietro abbia avuto a che fare con i Servizi. Su questo tema il leader dell’Italia dei Valori ha dato più versioni, non tutte univoche. Sono documentabili anche le interviste nelle quali viene negata l’esistenza di viaggi americani che poi si sono rivelati veri. Non abbiamo scritto che Di Pietro abbia fatto uso privato dei soldi del partito. Ci siamo limitati a riportare il fatto (non smentito) di avere affittato al partito case di sua proprietà. Sul presunto "uso non associativo" c’è ancora una inchiesta aperta a Roma, ma comunque, anche qui, non abbiamo sostenuto tale tesi. È vero, "prestanome" può essere dispregiativo. Ma l’acquisto tramite altra persona di un immobile inibito ai parlamentari e finito nella disponibilità dell’onorevole rientra tra quei comportamenti che avrebbero bisogno di essere spiegati meglio, non solo con le carte giudiziarie.

Marco Imarisio

06 giugno 2010

 

 

 

2010-06-05

IL CASO

I silenzi e le ambiguità

dell’onorevole Di Pietro

Dalla laurea agli immobili: le voci (a volte senza risposta) sul leader Idv

Non è vero che la stampa sia sempre cattiva con lui. Lo scorso 17 maggio Antonio Di Pietro era uscito dalla procura di Firenze dirigendosi con piglio sicuro verso piazza della Repubblica, dove troneggiava e fumava un finto reattore nucleare di cartapesta, propedeutico alla raccolta di firme dell’Italia dei valori per un referendum sul tema. Tra applausi, cori e foto ricordo con i suoi sostenitori, l’ex pubblico ministero si era definito un "teste d’accusa".

Di Pietro disse che aveva spontaneamente scelto di mettere a disposizione degli ex colleghi la sua esperienza di investigatore. I magistrati che seguono l’inchiesta sugli appalti per le Grandi Opere l’avevano convocato come persona informata sui fatti, invece, con tanto di apposito decreto di notifica. C’è differenza.

Quel giorno il dettaglio era diventato una nota a margine, le cose che contano in fondo sono altre. Un peccato veniale. Giocare con le parole, dire e non dire, abbellire la realtà, è tutto lecito. Solo che spesso Antonio Di Pietro trasforma le sue piccole furbizie in metodo. Non risponde, non del tutto almeno, oppure parla d’altro, evocando complotti e mandanti occulti. Altre volte, semplicemente, tace. E non si accorge che così facendo fa il gioco dei suoi detrattori, una legione sempre più numerosa. Vecchia storia, questa delle sparate che si mischiano a silenzi e a repliche invece puntuali. Ancora attuale, però. L’approccio mediatico rimane invariato nel corso del tempo, e non accenna a migliorare, dando così un indubbio contributo alla genesi di leggende metropolitane che riguardano anche su dettagli non proprio fondamentali nella complessa biografia dell’onorevole. Ad anni alterni torna fuori, tra dubbi e ironie, il suo personale tour de force per laurearsi in Legge alla Statale di Milano. La tesi venne discussa nel 1978, il giovane Di Pietro ci arrivò sostenendo 22 esami in 32 mesi, compresi "mattoni" quali diritto privato, pubblico, amministrativo. L’istituto di presidenza della facoltà confermò a suo tempo che tutto era in regola. Ma le illazioni, falsità di vario genere, sono proseguite, nel silenzio del diretto interessato, al quale basterebbe poco per mettere a cuccia i detrattori.

Di Pietro, è un dovere ricordarlo, ha sempre vinto in tribunale, su questioni ben più importanti dei propri titoli di studio. "Non luogo a procedere", quindi prosciolto prima di un eventuale processo da accuse anche infamanti come quella di concussione, generata dall’inchiesta- monstre del Gico di Firenze. Quella brutta storia poggiava su un tema ricorrente della sua vita, il contrasto tra l’azione pubblica, del magistrato prima e del politico poi, con una condotta privata spesso pasticciata, non priva di ambiguità e zone d’ombra. A metterlo su quella graticola furono le sue relazioni con l’avvocato Giuseppe Lucibello e l’amico costruttore Antonio D’Adamo i quali a loro volta intrattenevano— questa era l’ipotesi di accusa—affari con il finanziere Pacini Battaglia. La rilevanza penale dell’intreccio era pari a zero, ma le personalità pubbliche non si giudicano solo dal proprio casellario giudiziale. Proprio per questo, l’alone di mistero che grava su alcuni punti della biografia dell’ex magistrato nuoce non solo a lui,ma anche alle sue opere. "Vogliono infangare Mani Pulite" ripete ogni qual volta vengono pubblicati articoli che riesumano i suoi molto presunti legami con i servizi segreti italiani e americani. Può essere. Ma certi silenzi, come quello sulla surreale vacanza alle Seychelles durante la quale l’allora neo magistrato scrisse un dossier di 172 pagine su Francesco Pazienza che poi finì nelle mani dei servizi segreti italiani, non aiutano. E neppure certe dimenticanze sui viaggi americani, ultimo in ordine di tempo quello fatto in compagnia dell’ex amico Mario Di Domenico. Dopo la recente pubblicazione di una sua foto che lo ritraeva con il dirigente del Sisde Bruno Contrada, il Corriere lo invitò a un confronto sul tema. Risposta non pervenuta. Sono dettagli, omissioni probabilmente ininfluenti. Ma portano ramoscelli da ardere a chi sostiene l’inverosimile tesi che Mani Pulite sia stata guidata a tavolino dall’intelligence Usa. Creano un danno ad una pagina importante della storia italiana, comunque la si giudichi, della quale Di Pietro è giustamente orgoglioso.

Possibile che i suoi ultimi impicci siano il frutto dei rancori di vecchi amici. Ma è lui a sceglierseli, i compagni di viaggio. E con molti di essi, da Elio Veltri a Di Domenico, finisce quasi sempre male, all’insegna della reciproca incomprensione. Nel primo caso si tratta di una querelle sui rimborsi elettorali delle Europee, che secondo Veltri sarebbero stati gestiti in modo privato. Nell’altro, l’accusa di un uso "non associativo" dei soldi del partito apre la strada a illazioni sulla passione immobiliare di Di Pietro, con proprietà che vanno da Curno alla Bulgaria. In questo campo l’attività è frenetica. Tra il 2002 e il 2008 l’ex pm ha speso 4 milioni di euro nella compravendita di nove case, tutte passate sotto l’ombrello della An.To.Cri. La sigla è l’acronimo di Anna, Toto e Cristiano, i suoi tre figli. Si tratta della società di famiglia, dalla quale Di Pietro, nella veste di presidente dell’Idv, ha preso in affitto alcuni immobili per conto del partito. Nulla di compromettente, lo ha stabilito una inchiesta della procura di Roma, che ha archiviato ogni denuncia. Ma anche qui, alcuni comportamenti, come l’acquisto di case tramite prestanome, o di immobili "proibiti" per legge ai parlamentari in carica, lasciano il fianco scoperto alle critiche di chi afferma che il paladino della questione morale dovrebbe agire con meno disinvoltura nei suoi interessi privati.

Paolo Flores D’Arcais sostiene da tempo che un certo modo di fare "democristiano" si sia impossessato del fondatore dell’Idv. Nel settembre 2009 Micromega, giornale diretto dal filosofo romano, pubblicò una inchiesta sul partito dell’ex magistrato. "C’è del marcio in Danimarca" era il titolo, e quel che seguiva era anche peggio. Il capostipite degli impresentabili, ovvero quel Sergio De Gregorio scelto da Di Pietro come capolista in Campania per le politiche del 2006, il voltafaccia con annesso passaggio al centrodestra fu velocissimo, veniva appena nominato. Acqua passata. Piuttosto, in 40 pagine di testo veniva fatta una radiografia completa sulla vena "inciucista e politicante" che permeava l’Idv, facendo nomi e cognomi dei riciclati presi a bordo. Dai transfughi dell’Udeur a quelli di Forza Italia, passando per il capo della Campania Nello Formisano, "che insieme all’ex dc potentino Felice Belisario ha riempito il partito delle mani pulite di faccendieri e arrivisti, in larga misura di provenienza democristiana". Una mazzata, che fece scalpore ma generò un dibattito che lo stesso Flores giudica "sterile e improduttivo ". E la promessa di chiarire tutto— dice in una intervista a La Stampa—si è rivelata una promessa da marinaio. Ci sono argomenti, pubblici e privati, che vengono lasciati cadere quando invece il primo a trarre beneficio da una maggiore chiarezza sarebbe proprio Di Pietro. Tanto più che quando si spiega, l’ex magistrato lo fa bene. All’inizio di quel 2009 per lui infausto, il suo nome spuntò nell’inchiesta napoletana su Global Service, il mega appalto dei servizi pubblici. Tra gli altri, era stato arrestato Mario Mautone, provveditore alle Opere Pubbliche della Campania che Di Pietro aveva chiamato a lavorare al ministero delle Infrastrutture da lui diretto. Numerose intercettazioni allegate agli atti dimostravano come il suo primogenito Cristiano, consigliere provinciale a Campobasso per l'Italia dei Valori, tentasse tramite Mautone di sistemare gli amici, e sembravano anche dare conto delle preoccupazioni del padre per tenerlo fuori dall’indagine, della quale risultava essere al corrente.

Di Pietro prese carta e penna, e scrisse un memoriale dettagliato, che diede ai magistrati e alle stampe. Le voci e i sussurri sul suo conto si zittirono immediatamente. In quell’occasione mostrò la sua faccia migliore, argomentando e spiegando. Rimasero solo le accuse di familismo spinto, e l’unico caduto sul campo fu Cristiano, costretto a dimettersi dal partito. Oggi è passato poco più di un anno, ma sembra un secolo. Secondo Di Pietro la pubblicazione dei verbali dell’architetto Zampolini va letta come "parte di una strategia eversiva" nei suoi confronti, decisa da "mandanti e beneficiari occulti". Colpa delle lobby, di una informazione schierata contro di lui. All’appello dell’invettiva mancano i giudici comunisti, ma con qualche allenamento possiamo arrivarci.

Marco Imarisio

05 giugno 2010

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-06-23

"Le mie accuse non sono archiviate

ecco perché ora Tonino è indagato"

Parla Elio Veltri, cofondatore dell'Italia dei Valori: ho denunciato la gestione dei rimborsi dal 2001 al 2009. "I fondi non venivano percepiti dal partito, ma dall'associazione gestita da Di Pietro, da sua moglie e da Silvana Mura" di ALBERTO D'ARGENIO

"Le mie accuse non sono archiviate ecco perché ora Tonino è indagato" Elio Veltri

ROMA - Elio Veltri, è lei che ha consegnato ai magistrati l'esposto che ha portato all'iscrizione al registro degli indagati di Antonio Di Pietro. Che nel frattempo ha annunciato una querela nei suoi confronti. Come reagisce?

"Non reagisco perché per Di Pietro contano solo le querele. Dei comportamenti etici e politici non dà mai conto. Il suo annuncio, dunque, non mi meraviglia, mi lascia indifferente. Anche se scambiare la politica con i tribunali è gravissimo. Ci sono due piani di comportamenti: uno etico-politico del quale nelle grandi democrazie tutti devono rispondere, uno giudiziario. E le sentenze non giustificano sempre i comportamenti".

Cosa vuol dire?

"Nel 1981 ho litigato con Craxi e sono uscito dal Psi. Ma allora nessuno era indagato e quindi secondo la logica di Di Pietro non avrei dovuto lasciare i socialisti".

E con l'Idv com'è andata? Di Pietro dice che se ne andò perché i risultati elettorali erano deludenti...

"Di Pietro può dire quello che vuole. Io me ne sono andato perché c'era il rischio che diventassi suo complice. Vede, non si può predicare bene e razzolare male. C'era una forbice sempre più aperta tra quello che si diceva e quello che si faceva. Venivano mandate via dal partito persone integerrime e nel frattempo veniva accettata gente di ogni risma. Io non li volevo ma Di Pietro mi zittiva: "Tu vuoi un partito di duri e puri!". E così

entravano chiacchierati, indagati e condannati. Pensi che nel 2004 vennero fatte entrare a Barletta tre persone che cercarono di farmi un'estorsione".

Cosa contiene il dossier che ha depositato ai magistrati?

"Innanzitutto voglio precisare che non si tratta del rimborso elettorale sulle europee del 2004: io ho denunciato il modo di gestire i finanziamenti per tutte le elezioni dal 2001 al 2009".

Dunque non si tratta delle stesse accuse per le quali Di Pietro dice di essere già stato archiviato tre volte...

"No, e comunque sul 2004 ci sono altri due procedimenti ancora in corso che insieme a me coinvolgono Occhetto e Giulietti".

Che prove contiene il suo esposto?

"Al magistrato ho presentato due memorie. Una con gli statuti che spiegano come i rimborsi non venissero percepiti dal partito, ma dall'associazione familiare gestita da Di Pietro, da sua moglie Susanna Mazzoleni e da Silvana Mura. Un soggetto privato che non aveva alcun titolo per sostituirsi ad un partito nel riscuotere i risarcimenti. Un comportamento contrario alla legge. La seconda contiene quanto ha scritto il magistrato di una delle cause ancora pendenti sul 2004 che riconosce che in udienza il partito Idv era contumace, mentre l'associazione presente".

Di Pietro dice che sono accuse già archiviate in tre occasioni.

"Si riferisce alle denunce di Mario Di Domenico, che sono sì state archiviate. Ma quella che ho presentato io è diversa, è nuova, e infatti per la prima volta Di Pietro è stato indagato".

Secondo lei come sono stati gestiti i rimborsi incassati dall'associazione?

"Come questi fondi venissero gestiti non voglio nemmeno saperlo, deciderà il magistrato. Qualche sospetto comunque ce l'ho, ma non voglio parlarne".

Sospetta che venissero usati per scopi privati?

"Siccome Di Pietro ha la querela facile dico che quello che penso non conta. Accerterà il magistrato. Io intanto il mio dovere l'ho fatto. Oltretutto quell'associazione era un soggetto semi-clandestino. Ad esempio, io non sapevo che esistesse ed ero vicepresidente del partito. Della sua esistenza l'ho saputo casualmente solo nel 2006. E pensare che mi pagavo le campagne elettorali da solo...".

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

Le affinità elettive (e la risposta di Di Pietro)

Per carità, i toni sono parecchio diversi. E diversissimi sono natura delle accuse e il livello delle (eventalissime) responsabilità. Ma se vuole essere davvero diverso da Berlusconi e compagni, come orgogliosamente rivendica, Antonio Di Pietro forse dovrebbe cambiare atteggiamento.

Evitare di attaccare i giornali, per esempio. Tacitare gli esponenti del suo partito che parlano di "attacco dei poteri forti". E zittire sé stesso quando dice – come ha fatto stamattina – di "essere inviso al Palazzo e per questo screditato".

La sua autodifesa non è né sguaiata né priva di sostanza. Ma il modo con cui fa politica e costruisce consenso obbligherebbe l’onorevole Di Pietro a difendersi come ha sempre chiesto di fare ai suoi avversari, quando erano loro a finire sotto inchiesta.

Gridare alla stampa "in stato comatoso" e alla congiura di Palazzo ricorda le invettive quotidiane del Cavaliere.

Se si ha un partito personale, poi, il ricordo diventa perfino somiglianza. Ed è un rischio che Antonio Di Pietro certamente non avrà voglia di correre.

L’on. Di Pietro risponde

"Per quanto riguarda i rilievi mossi da Bracconi in "Le affinità elettive", riferendosi alle affinità tra me e Silvio Berlusconi, vorrei piuttosto segnalare le diversità che ci separano. Ricordo ai meno informati che, ogni volta che la magistratura mi ha chiamato, mi sono sempre messo a sua disposizione, consegnando carte e documenti, al fine di provare la trasparenza del mio operato e la magistratura mi ha sempre dato ragione, non per favorirmi, ma perché avevo ragione (e non credo che questa sia una colpa, semmai il contrario). Poi sul fatto che l’Italia dei Valori venga ancora considerata un partito personale, questa critica è ampiamente superata dal fatto che nel febbraio scorso si è svolto il Congresso nazionale e che in questi settimane, in tutta Italia, si stanno svolgendo i congressi territoriali, provinciali e regionali, aperti a tutti coloro che vogliono partecipare.

Mi si vorrà dare atto che quando un giornalista mi fa una domanda, non sono certo evasivo, tanto è vero che sul mio blog,www.antoniodipietro.it, ho sempre pubblicato tutti i documenti, gli atti e le spiegazioni che, di volta in volta, mi sono state richieste.

Con riferimento alla denuncia di Elio Veltri, non ritengo che ci sia alcun complotto nei miei confronti, ma semplicemente un atto rancoroso di un ex candidato sul quale la magistratura farà, ancora una volta, chiarezza, visto che, già per tre volte, le argomentazioni di controparte sono state smentite. E non ho dubbi che, anche questa volta, i magistrati faranno giustizia, dandomi ragione.

Pertanto, quando parlo di "stato comatoso dell’informazione", mi riferisco a tutte quelle testate che non hanno mai parlato della posizione dell’Italia dei Valori su Pomigliano D’Arco, sulla manovra o sulle battaglie portate avanti contro il bavaglio alla Rete, mentre hanno dato massimo rilievo, con titoli quasi scandalistici, a una questione alla quale non mi sono certo sottratto. Anzi, per me questa vicenda rappresenta proprio un’opportunità affinché venga dissipato ogni dubbio davanti all’opinione pubblica sull’operato dell’Italia dei Valori".

Ringrazio l’on. Di Pietro per la risposta, che è un esempio della diversità di cui io stesso, in apertura del post odierno, gli davo atto. La precisazione sullo "stato comatoso" dell’informazione chiarisce meglio la posizione espressa questa mattina riguardo i giornali, e ne prendo atto.

Per il resto, credo che anche l’on. Di Pietro converrà che espressioni "Attacco dei poteri forti" usate da esponenti del suo partito, e la sua stessa affermazione sull’"essere inviso al Palazzo", nel clima politico che viviamo corrono il rischio di far somigliare quello che magari non è simile.

Nel mio post, se lo si legge senza pregiudizi, non ho fatto un parallelo di merito con Berlusconi o simili, e non per ragioni di opportunità ma perché semplicemente non è il mio pensiero. Ho solo segnalato un rischio. Proprio perché rivendica orgogliosamente questa non-somiglianza, l’onorevole Di Pietro ha forse il dovere più di altri di non cadere, neppure per sbaglio, nella tentazione del "vittimismo" tattico che tanto caratterizza la nostra classe dirigente quando si sente sotto attacco. E nelle frasi di qualche suo collega di partito e anche nelle dichiarazioni di questa mattina credo che il rischio ci fosse.

Se il leader dell’IdV le rileggerà se ne accorgerà lui stesso.

(P.S. L’on. Di Pietro mi fa sapere – e lo ringrazio – di convenire con quanto scritto in questa replica alla sua risposta. Vale a dire che certe affermazioni, al di là della volontà, rischiano di farci somigliare ciò che magari non ci somiglia).

 

 

 

2010-06-06

Casini a gamba tesa su Di Pietro

"Sciacallo, campa sulle sciagure"

L'ex presidente della Camera attacca il leader Idv: "Valuti se il suo comportamento da magistrato e da uomo politico è stato al di sopra di ogni sospetto". La replica: "Cerca di rientrare nel sistema di potere berlusconiano aggredendoci, pensi al suo partito"

Casini a gamba tesa su Di Pietro "Sciacallo, campa sulle sciagure" Pier Ferdinando Casini

ROMA - "Di Pietro è uno sciacallo che costruisce la sua fortuna politica sulle disgrazie del Paese". E' un attacco in piena regola quello che il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, rivolge al capo dell'Italia dei Valori. "Di Pietro ci ha spiegato per anni che un conto sono le verità processuali, un conto sono le necessità che un politico ha di essere al di sopra di ogni sospetto nei comportamenti", ha detto Casini parlando ai microfoni di SkyTg24. "Ora Di Pietro valuti se il suo comportamento da magistrato e da uomo politico è stato al di sopra di ogni sospetto. Non è la moglie di Cesare". Per Casini l'Idv è una forza "irresponsabile".

La replica dell'Italia dei Valori è affidata al portavoce Leoluca Orlando: "L'onorevole Pier Ferdinando Casini abbia più rispetto del nostro impegno a difesa della realtà costituzionale e non faccia accattonaggio di attenzione da parte del perverso sistema di potere berlusconiano del quale ha fatto parte e nel quale cerca di rientrare attaccando italia dei valori". Casini, continua Orlando, "pensi piuttosto a liberare il suo partito da presenze politiche che sono vere e proprie disgrazie per tante realtà regionali del nostro paese e non si illuda: non riuscirà neanche lui a farci tacere".

(06 giugno 2010)

 

 

 

L'UNITA'

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2010-06-22

il SOLE 24 ORE

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2010-06-22

 

 

 

 

 

 

2010-06-06

Casini: "Non ci interessano 2 o 3 ministeri. L'Idv è irresponsabile, Di Pietro è un sciacallo"

Cronologia articolo6 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 15:51.

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"A noi non interessano due o tre ministeri. A noi interessa un atto politico del presidente del Consiglio Berlusconi che dica: 'Io ho fatto quello che ho potuto in questi due anni, ma oggi c'è una situazione economica internazionale che richiede una condivisione più ampia con l'opposizione'". Lo ha detto Pier Ferdinando Casini. Che ha inoltre definito "responsabile" l'opposizione di Udc e Pd, e "irresponsabile" quella dell'Idv. "Per me Antonio Di Pietro è uno sciacallo - ha rincarato - che costruisce la sua fortuna politica sulle disgrazie del Paese".

Quanto alla manovra, il leader dell'Udc - in un'intervista a Skytg24 - ha mostrato un'apertura condizionata al governo: "Sì a modifiche, no a condoni". E sull'aumento dell'età pensionabile per le donne a 65 anni, ha concluso: "La sfida dell'Europa va accettata, ma cerchiamo di aiutare le donne che hanno una maternità".

 

 

 

 

 

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